Facebook Facebook delle mie brame

C'era una volta una neonata così esangue e malandata che fu chiamata Biancaneve.
Sua madre era morta partorendola e il padre, rimasto vedovo, si era risposato con una bellissima soubrette televisiva.
Non c'era mattina che la nuova regina non si collegasse su Facebook per accertarsi di avere più "mi piace" di tutte le altre donne del regno, e per diversi anni detenne il primato, finché un giorno che la sua figliastra Biancaneve diventò più popolare di lei [...]

Quando cominciò a progettare Facebook, Mark Zuckerberg doveva avere in mente una versione simile della storia. O quantomeno aveva capito che, dall'ottocentesco racconto dei fratelli Grimm all'età contemporanea, il bisogno di consensi era rimasto una costante della psicologia umana.

Basta guardarsi intorno per averne la conferma: c'è chi con una scusa armeggia col nuovo telefonino per farlo notare all'interlocutore, chi dimentica sistematicamente di togliere la divisa, chi chiedendo un giorno di ferie dà più spiegazioni del necessario perché in realtà vuole comunicare fra le righe cosa farà durante il ponte.

Facebook, contemporaneo specchio delle nostre brame, risponde perfettamente a questa esigenza perché fa dell'esibizionismo il canale fondamentale dell'interazione: comunichiamo con i nostri amici, è vero, ma quegli amici sono un pubblico e quello comunicazioni sono un'espressione delle nostre preferenze. Ecco la logica del sistema.

La liceità del nostro protagonismo è anche supportata dalla natura comunitaria del social network. Ricordiamoci che nella sostanza siamo un gruppo di utenti accomunati dalla stessa modalità di interazione, e quindi nessuno condanna il comportamento degli altri perché significherebbe implicitamente esprimere un giudizio negativo anche sul proprio.

Insomma ci si concede anche il vezzo di dissimulare.
Verrebbe da chiedersi: si poteva creare un sistema più narcisistico di così?

"Sì" sarebbe stata la risposta della matrigna, che avvicinandosi ormai ai quaranta un giorno dalla webcam aveva scoperto sul suo viso una ruga.
E le sembrava sconveniente mostrare al regno intero un simile difetto, tanto che prima di aggiornare l’immagine del profilo gli diede una bella ritoccata con Photoshop.

Sì, comunque, fu anche la risposta di Zuckerberg, quando mise a punto il concetto di "bacheca".
Sulla bacheca infatti componiamo ed esponiamo la nostra immagine, e chiaramente ciascuno si espone al meglio: chi modifica il proprio nome, chi seleziona accuratamente e ritocca le foto, chi pensa con calma a cosa scrivere nello status, magari controllando l'esattezza di una citazione.
Un bel giochetto, di cui però ci si stanca presto.

Col passare degli anni persino alla matrigna cominciava a venire a noia quel continuo “fare la vetrina”. Ogni tanto, quando la mattina apriva la propria pagina e le si parava davanti quel "A cosa stai pensando?", imprecava contro Zuckerberg "A che vuoi che stia pensando idiota?!? Alle stesse minchiate di ieri!".

Quanto al suo unico album di foto, quello del profilo, sembrava una lunga raccolta di still life votata al racconto degli effetti della sua inesorabile menopausa.

Fu in quel periodo che la figliastra Biancaneve, divenuta nel frattempo una teenager scatenata, fu sommersa da una valanga di "mi piace" per aver postato le foto della festa di inaugurazione della miniera dei sette nani.

E probabilmente osservando fenomeni simili a Zuckerberg venne l'illuminazione decisiva, l'accorgimento che ci avrebbe salvato dalla noia: per quanto potesse essere gratificante costruire e condividere una immagine migliorativa di noi, per continuare a darci stimoli questa attività doveva legarsi strettamente alla nostra realtà quotidiana.
La "bacheca" si trasformò così in un "diario", il cui contenuto (post, foto, video ecc) era ben scandito in intervalli temporali. E gli utenti di conseguenza cominciarono a percepire la propria pagina non più come un ritratto statico di sé da perfezionare, ma come un racconto frenetico di tutte le attività svolte da aggiornare giorno per giorno.

In tutto il regno migliaia di persone cominciavano a seguire con interesse il diario di Biancaneve, e tutti provavano invidia e ammirazione per l'innumerevole quantità di iniziative a cui la giovane principessa prendeva parte: dalla fondazione di una ONLUS a sostegno degli amici affetti da nanismo alle lezioni di equitazione con il principe.
Molti presero anche ad imitarla, e come lei a condividere cosa avessero mangiato per pranzo o quale fosse il colore di cui avevano appena tinteggiato la propria stanza.

Ma il passaggio al "diario" non fu solo una manovra decisiva dal punto di vista del marketing. L'introduzione di una storicità ha anche rivoluzionato il concetto stesso di social network perché, per quanto possa sembrare un paradosso, da allora Facebook ha assunto la configurazione di uno strumento virtuale che non aliena affatto dalla realtà ma al contrario contribuisce ad immergerci maggiormente in essa.

Facilmente per chi usa Facebook il bisogno di un pubblico di amici e di materiale da postare si traduce nell'esigenza pratica di conoscere gente e fare esperienze nuove.
E se da un lato Facebook è diventato un potente propulsore dell'azione reale (o quantomeno del bisogno), dall’altro questo social network influenza ogni giorno la nostra realtà anche semplicemente attraverso l'immagine che ne restituisce: quante volte ciò che viene messo online condiziona le nostre azioni, ora perché altera l'opinione che abbiamo gli uni degli altri, ora perché smaschera una bugia, ora perché ci ricorda qualcosa o qualcuno?
Magari, conoscendo Facebook, i Grimm avrebbero scritto un epilogo del tipo:
Scartata dai provini di Miss Italia per via dell'età troppo avanzata, la regina era comunque decisa a percorrere qualsiasi strada per ottenere più consensi della figliastra.
Per riuscire nel suo intento si fece fotografare allo stadio con La Mela e postò lo scatto sul proprio diario: manco a dirlo, la sua popolarità schizzò alle stelle.
Erano le sei di pomeriggio. Biancaneve, in barba alle raccomandazioni del dietologo, stava fagocitando schifezze insieme ai nani e vedendo la notifica trasalì al punto che un popcorn le andò di traverso.
Stramazzò a terra.
Si riprese dalla depressione solo diversi mesi dopo quando, concessasi a
Milito, anche detto "el principe", ottenne in cambio la sua amicizia su Facebook. Allora riuscì nuovamente a svettare la classifica delle più note del reame....
E tutti vissero tutti felici e connessi.

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