La generazione del precariato

Vai a una festa e conosci uno, un tipo interessante diciamo.
L’interesse è reciproco, cominciate a frequentarvi e a un certo punto vi baciate.
A quel punto lui mette le mani avanti “Guarda te lo dico subito: tu mi interessi, ma non mi voglio impegnare. Frequentiamoci e vediamo cosa succede…”.

E tu, che molto probabilmente la pensi allo stesso modo, non ti scomponi affatto. Tutti noi troviamo naturale che il precariato si sia esteso ben oltre i confini dell'ambito lavorativo ed abbia investito anche la sfera affettiva, così che alla fine non ci vuole molto a cogliere nella frase del ragazzo di turno l’eco di quella pronunciata dal capo durante il nostro ultimo colloquio di lavoro "Te lo diciamo subito: noi non assumiamo. In caso facciamo un contratto a progetto e vediamo come va..".

Ma il fatto che oggi come oggi avere una storia d'amore seria sia considerato compromettente alla stregua dell'assumere personale a tempo indeterminato, non è che una delle espressioni di una cultura di cui i sentimenti sono il nuovo tabù. Di una generazione che ha perso ogni inibizione circa il sesso ma è terrorizzata dall'amore.
Il sentimento è ciò che vorremmo ma che ci sembra di non poter volere.
E allora spiamo catarticamente quello degli altri nella finzione televisiva.
Mentre nella vita reale creiamo il mito del soggetto completamente libero dai legami sentimentali: un nuovo sex-symbol che incarna la sicurezza, da contrapporre a chi è felicemente fidanzato da anni per poterlo schifare.
Siamo un pubblico televisivo ormai insensibile alle scene fra le lenzuola, mentre ciò che davvero fa presa su di noi è la spettacolarizzazione estrema e patetica del sentimento, tanto che oserei affermare che ci troviamo di fronte ad una nuova forma di pornografia: quella di "C'è posta per te" e del "Grande Fratello".

In che misura e in che modo il precariato lavorativo sta influendo sulla nostra concezione dei rapporti interpersonali? Certamente la quasi impossibilità di costruirsi una posizione economica e quindi di fare a progetti a lungo termine, esercita un potente condizionamento culturale.

Viviamo per il presente, siamo quelli che comprano a rate e si indebitano per avere tutto subito, perché del domani non ci importa. Quelli che, quando escono film ricchi solo di attori famosi ed effetti speciali, garantiscono il record di incassi, perché abbiamo perso interesse per i contenuti.
Preferiamo non guardare avanti perché vogliamo sentirci liberi di tornare indietro, e così diventiamo sempre più schiavi della nostra libertà.
Abbracciamo tutto e non stringiamo niente, ma non ci importa.


2 commenti:

  1. E' bellissimo. Dovresti prendere in considerazione l'idea di scrivere un libro. Brevi pensieri,molto profondi, come faceva Vittorio Buttafava. Ancora complimenti.

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